il mio podcast :
Un breve inquadramento:
il Visual Merchandiser è una figura professionale poliedrica che si colloca tra l’economia e il Marketing. Lo sviluppo delle sue capacità si amplifica in base al campo di interesse in cui risulta più forte, tendenzialmente le sfere d’azione sono
lo studio dei dati (ECONOMIA)
l’allestimento (RETAIL DESIGN)
la comunicazione visiva collegata alla strategia emozionale (MODA)
Non è facile creare una scheda identificativa per tutti i VM, proprio perchè la loro collocazione all’interno del panorama consumistico è talmente variabile quanto infinito. Cercherò quindi di far fronte alla mia esperienza così da rendere tutto più o meno semplice.
Da dove partire:
Ho scoperto il Visual Merchandising durante un periodo di studio a Londra, in quell’ambito era collegato alle passerelle di moda e allo sviluppo delle collezioni. Il VM aveva il compito preciso di monitorare i trend in modo da aiutare i designer a creare collezioni adeguate anche al lato vendita.
Da subito questo lavoro ha catturato la mia attenzione, ho così cercato di capirne di più cercando corsi di formazione e proposte di lavoro.
La terra promessa inglese all’epoca mi aveva offerto diverse possibilità, in quanto il VM è considerato fondamentale in diversi campi del retail, dal processo creativo, al back office, fino alla presenza in store.
Poi sono tornata in Italia, lì è finita la magia.
Il visual merchandiser non serve a niente:
Se in Inghilterra il VM era una figura super richiesta, in Italia le uniche offerte possibili erano sotto le multinazionali o nelle case di alta moda. Quasi nessuno conosceva questa figura o aveva intenzione di investire in un servizio che a primo impatto poteva sembrare ovvio e scontato.
Saper riordinare un negozio, gestire gli ordini in modo da non avere eccessi di magazzino, creare previsioni mensili per raggiungere gli obiettivi prefissati, studiare la clientela, gestire l’escaparatismo (le vetrine) e motivare il team.
Tutti compiti che possono diventare stagnanti e ripetitivi in un contesto lavorativo che non si adatta al mercato ma lavora sulla filosofia “abbiamo sempre fatto così”, minset tipicamente italiano che negli ultimi anni ho visto cambiare, forse proprio grazie allo sviluppo dei social network come piattaforme di vendita.
5 motivazioni alla base dell’acquisto:
una volta analizzate le categorie di consumatori il VM lavora per definire cinque motivazioni di base legate all’acquisto, che andranno a svilupparsi in base all’adattamento del brand sugli interessi di mercato che intende sfruttare a suo favore.
Sfruttare nel senso che ogni volta che creiamo un prodotto legato alla vendita il nostro fine ultimo è appunto : vendere. Ciò non significa che ciò che si crea non sia fatto con amore o con un intento positivo, ma occorre fare un piano per fare in modo che i nostri sforzi di produzione e investimento non vadano persi.
attrazione
chiarezza e facilità di fruizione
freschezza e cambiamento
piacere
lifestyle
l’attrazione non è altro che il tone of voice del brand, cosa intende comunicare e come intende approcciarsi al consumatore raccontando i suoi valori.
la chiarezza fa riferimento al layout del punto vendita, in parole più semplici come si intende organizzare il negozio dal punto di vista di arredamento e organizzazione visiva (lo stile)
la freschezza e il cambiamento sono l’ambito che solitamente più viene riconosciuto quando si parla di VM, intendendo la capacità di rendere l’offera del negozio sempre nuova e in continua evoluzione
il piacere, alla base di ogni esperienza di acquisto, muove il nuovo modo di fare shopping: non compriamo più per necessità ma per identificazione. Uno spazio quindi deve offrire una bella esperienza, un ricordo positivo che si sviluppa attraverso la creazione di eventi non finalizzati alla vendita ma che possano incrementare il piacere di parteciparvi da parte del cliente (es. eventi, workshop)
Lifestyle invece identifica il brand per prima cosa come stile di vita, prima ancora di un prodotto. la possibilità del consumatore di entrare a far parte di un circolo esclusivo in cui rispecchiarsi per valori e simboli.
Il percorso di studi:
Spesso mi capita di ricevere domande inerenti al mio percorso di studi, cercherò di essere chiara. Il VM è di per se un corso di formazione che non prevede una laurea di accompagnamento per attestarne le capacità, personalmente però ritengo che un percorso piuttosto che un altro possano aiutare a rendere la figura del VM più completa e preparata.
Io ho studiato lettere moderne, l’ultimo anno ho subito la frattura della rotula che mi ha limitato la conclusione degli ultimi tre esami, avevo però fatto richiesta di studiare all’estero, perciò una volta finita fisioterapia ho dovuto scegliere se terminare gli studi o partire. Ancora inconsapevole del mio futuro sono partita, ho studiato alla scuola di giornalismo sperimentando diversi ambiti di scrittura, fino ad arrivare all’ambito moda e visual.
Una volta tornata ho fatto un corso di formazione VM e ho inviato curriculum ovunque, con l’intento di integrarli alla fine dei miei studi. Da quel momento ho iniziato il mio percorso lavorativo, un percorso fatto di sacrifici, spostamenti, delusioni e vittorie.Ho deciso di congelare gli studi per concentrarmi sulla crescita lavorativa, che mi ha portato ad ottenere un contratto a tempo indeterminato e un’esperienza tale da poter lavorare sia in team che in autonomia.
Ad oggi lavoro come freelance realizzando video per i social per conto di privati e aziende, ho terminato l’università e sono prossima alla tesi, scrivo per dei blog e offro consulenze di vendita personalizzate.
Quindi?
Vi lascio tre possibilità di percorso per chiunque sia intenzionato a lavorare nel retail, aprendo un’attività, creando un brand o lavorando come freelance nel mondo delle vendite:
economico: studiare economia e perfezionarla con un corso di VM alla bocconi
moda: studiare moda e perfezionarla con un corso di VM alla Marangoni
comunicazione: studiare comunicazione o lettere moderne (come nel mio caso) con un corso di VM allo IED
I lavori del futuro:
Questa è una mia personalissima opinione che potrà essere sbagliata o meno. Negli ultimi anni sono nati tantissimi lavori diversi, questo ci ha permesso di poter sperimentare le nostre capacità adattandole alle nostre passioni.
Non si è più incentrati su una cosa sola, ma si ha la possibilità di adattarsi lavorativamente creando la “propria firma” comunicativa. Il visual merchandising mi ha permesso di arricchire la mia passione per il videomaking e la comunicazione dandogli uno scopo informativo più forte.
Lo studio del retail, della letteratura e la voglia di sperimentare hanno sempre fatto da motore nel mio costante processo di creazione di contenuti. A distanza di anni da dipendente e a pochi da freelance, posso dire che pilastri solidi di studio possono aiutarci a sorreggere la nostra creatività, anche se inizialmente non sappiamo dove possa portarci.
La gavetta è sbagliata?
La trovo una delle cose più orrende e terribili di questa vita. Soprattutto per chi come me vorrebbe spaccare il mondo anche se non sa come si fa (eheheh), penso però che imparare in un ambiente con regole precostituite sia fondamentale per fare in modo che un domani il nostro progetto abbia dei risultati vincenti e duraturi.
Questo lo dico a distanza di anni, perchè durante il mio percorso lavorativo, soprattutto all’inizio e negli anni più belli della mia vita ho rinunciato a moltissime cose. Capisco sempre la fatica di chi mi dice che è stanco e pieno del suo lavoro, vi sono vicini.
I successi però arrivano sempre dai sacrifici.
La newsletter di Clara è super ben fatta e interessante. Assolutamente non banale e ricca di informazioni e arricchente.