Questa non è una newsletter felice. scherzo, quasi
Non ho mai avuto paura della solitudine, facendo un esame di coscienza ho capito che l’ho scelta tante volte come via d’uscita.
Con il tempo ho cercato di percepire la solitudine altrui per capire se questa sensazione di smarrimento appartenesse solo a me o fosse insita in ognuno di noi.
Ho capito che ci sono persone che da sole non sanno stare, sono capaci di passare una vita intera in una situazione scomoda, solo per non ammettere di sentire questo vuoto che inevitabilmente bussa alla porta.
Altri invece non esplorano mai l’immenso giardino delle emozioni, passando di fianco allo specchio d’acqua in cui Narciso sarebbe affogato un giorno d’estate cercando di scegliere l’unica persona che avesse mai amato. Se stesso.
Ci sono poi i senza paura, quelli che sanno in che condizione si trovano e ci stanno bene. O forse trovano scuse ben congeniate per non far capire al mondo che la solitudine può far paura, esiste. A volte irrimediabilmente.
Quando ho capito di essere una foglia
C’è stato un giorno in particolare in cui ho capito di essere solo con me stessa, basta. Avevo tanto da condividere, ma nessuno con cui farlo. Stavo passeggiando sul lungomare di Genova, Corso Italia, faceva caldo. Avevo lavorato presto perciò per evitare di finire come ogni giorno a chiudermi nel mio monolocale a mangiare decisi di prendere la macchina e forzarmi di respirare un pò di aria buona.
Quel giorno avevo lavorato tanto, ero soddisfatta. Avevo portato a termine i compiti dell’azienda e probabilmente avrei conseguito da lì a poco il contratto a tempo indeterminato che avrebbe attestato la mia utilità nel mondo del lavoro. Sarei dovuta essere felice.
Peccato che non avessi nessuno con cui condividere questa soddisfazione, i miei non condividevano le mie scelte di vita, perciò sentirli avrebbe voluto dire ascoltare la realtà. Non i miei sogni, non ero pronta.
Avevo un fidanzato, almeno credevo, peccato che fosse impegnato a ricrearsi un’altra vita dimenticando che da qualche parte a neanche troppi chilometri da casa c’ero ancora io. Dopo tanti anni non lo biasimo, anche io avrei fatto fatica ad amarmi in quel periodo. Questo però l’ho capito molti anni più tardi.
Camminavo con il rumore del mare in sottofondo, una vita troppo breve che però pensavo di aver già concluso. Che tenerezza che mi faccio a ripensarmi così sicura di me, piena di speranze, sogni, conquiste. Avrei dovuto volere molto meno, avrei vissuto cento volte meglio.
Ho messo da parte la mia vita per realizzare quello che, non so perchè, era per me la cosa migliore da fare. L’unica cosa che contava. Dimostrare agli altri che valevo qualcosa, nel mio piccolo ovviamente. Con il senno di poi ho capito che le uniche cose che contano nella vita, le devi dimostrare a te stessa.A nessun altro.
Camminavo e mi imponevo di essere felice. Dovevo. Altrimenti cosa ci facevo lì? A fare una vita che non mi piaceva, senza affetti, senza sorrisi.
Mi sedetti su una panchina, mi guardai le scarpe, avevo male alle gambe, quel giorno avevo camminato talmente tanto che non mi ero neanche tolta la divisa.
Vestita come un pinguino guardavo il mare e mi iniziavo a chiedere se forse davvero non avessi sbagliato tutto. Questione di un attimo, perchè poi tornai subito a sperare che l’incontro del venerdì successivo andasse come sarebbe dovuto andare.
Facciamo quello che possiamo in quel momento
Penso spesso a come sarebbe potuta andare la mia vita se non avessi scelto sempre in funzione di un parere esterno da quello che volevo io, che non consideravo mai abbastanza per essere considerata la scelta giusta.
Vorrei veramente tanto tornare indietro, darmi un’altra occasione, avere la possibilità di realizzarmi e scrivere la strada che mi sarei meritata. Si, perchè come tante persone nel mondo, ci sono cose che ci meritiamo. Non arrivano per giri diversi che intraprendiamo, ma non vuol dire che non ci appartenevano. Almeno, io la penso così.
Solo che c’è un tempo per tutto. Certi treni passano una sola volta. Alcune volte ti ci ritrovi sopra, altri perdi la coincidenza. Una volta persa, è persa per sempre.
Faccio parte di quel genere di persone che non si scusa. Ce l’ha con se stessa all’infinito per essere stata troppo brava, troppo ingenua, troppo arrendevole, troppo poco di tutto.
La verità però è che abbiamo fatto ciò che potevamo, in quel preciso momento.
La solitudine come status mentale
Non ho mai avuto paura della solitudine. Un angolo del giardino in cui non vieni giudicata, i riflettori non ci sono, non hai a che fare con i pareri e i forse. Sei solo tu e il buio. Come lanterna nello Stige ho preso Filippo, il mio cane.
Mi ha aiutato a darmi una direzione anche se tante volte mi sento sovrastare dalle responsabilità tanto da non essere sicura di saperle gestire, nonostante in teoria ora sia grande. Credo, la società dice così. Io mi sento un granello di sabbia spostato dal vento.
Ho scelto la solitudine come spazio in cui respirare. Lasciando fuori dalla porta persone che avrebbero solo voluto aiutarmi. Quando però anche tu non ti riconosci è difficile gestire le opinioni.
Una volta che lo riconosci, rimane una grande paura dell’insuccesso. Di non essere abbastanza, dobbiamo cercare di mettere da parte il nostro giudizio, per non scegliere la solitudine come campana di cristallo. Prima o poi si rompe.
Se fosse così semplice non esisterebbe la depressione.
Non per forza dev’esserci un motivo. Affrontarlo in un percorso di terapia può aiutare ad allontanarsi da noi stessi e imparare a capirci. Non siamo troppo duri, facciamo quello che possiamo.
Riconoscendo il ruolo della solitudine nella nostra vita riusciremo a gestirne i lati positivi senza rimanerne incatenati.
Alcune cose che mi hanno salvata dalla solitudine
E poi
Il lasciare che le persone mi vogliano bene. Ancora oggi non è facile per me, ma pian piano ci sto prendendo confidenza. E in questo Torino mi ha regalato tanto. O forse sono io che finalmente ci ho fatto caso e ho smesso di scegliere la solitudine.
Se sei arrivato fino a qui ho un messaggio per te
Scrivere di questi argomenti per me è molto difficile, sono molto personali e spesso mi convinco che gli altri non abbiano bisogno di ulteriori carichi emotivi. Soprattutto se non positivi e poco leggeri. Poi però personalmente mi ritrovo ad empatizzare molto con chi trova la forza di mostrarsi vulnerabile, mostrando anche lati di se non estremamente piacevoli.
Sono la persona solare che vedete su instagram o Tik Tok ( sempre Clarainthemirror) e una ragazza fortunata che ha avuto genitori che con i loro limiti hanno sempre cercato di offrirmi il meglio possibile, ma sono anche una persona profondamente triste. Per tanti anni ho lasciato che il buio spegnesse le mie giornate, ad oggi cerco di fare del mio meglio affinchè questo non capiti di nuovo.
Non abbiate paura di parlare o confrontarvi con il mondo, se non vi ascolterà la prima volta, lo farà alla seconda.